domenica 22 giugno 2014

Hagrid e i cake designer

Siamo d'accordo che questa moda del cupcake-cake design-americanate varie pronunciate male ci sia un attimo sfuggita di mano. Siamo tutti designer di cose. In nero. Grazie Buddy Valastro.
Secondo me il problema è che l'italiano medio non è abituato al gusto della pasta da zucchero che sa da didò o a pan di spagna di polistirolo. L'italiano vuole la crostata con la nutella. o il mascarpone con il cioccorì. O quella benedizione della torta gelato. Senza contare che, se anche fossimo abituati ai sapori, la maggior parte di queste designer improvvisate non è capace nemmeno di cuocerlo un pan di spagna.
Ieri al lavoro, dopo la cena, dovevamo portare fuori sta gran torta fatta da una degli invitati, penso per un battesimo. Già a vedersi era una cosa imbarazzante, con questo biberon-dildo, roba bianca che colava e pezzi cascanti da ogni angolo.
Magari è brutta ma buona. Invece no. Abbiamo servito trenta pezzi e ne abbiamo buttati trenta pezzi. Un gran spreco che mi ha fatto sentire in dovere di assaggiarla, che magari si salvava. L'ho sentita e sapeva di cartone umido-odore di cane bagnato. Cazzo, forse la lasciavano lì anche i bimbi delle pubblicità dell'Africa.
Ecco quindi quello che ho fatto oggi con una scatolina del labello e del fimo di scarto. Per ricordarmi che tira più un pelo di salame dolce che un carro di red velvet.




domenica 15 giugno 2014

ventilatori, mondiali e processioni

Avevo appena comperato un ventilatore nuovo per fronteggiare quella disgrazia annuale chiamata estate.
È due giorni che facciamo finta di essere in Birmania durante i monsoni. Io sono contenta, perché appunto sono allergica al caldo; ma qui c’è un ventilatore che aspetta di dimostrare quanto vale al mondo. E invece è lì solo, desolato, messo da parte e continuamente calpestato perché è un po’ in mezzo ai maroni. Come me.


Cambiando discorso e adattandosi al mood dell’italiano medio: partitona quella di ieri sera, eh? Io mi sono abbioccata un paio di volte, ma una cosa l’ho notata, oltre alla verosimiglianza dei capelli di Rooney e alle scarpe scombinate: perché le divise degli Azzurri assorbono così male il sudore? Cioè, sono tutto un alone. Poi hanno il logo Puma e la bandierina ( è uno stemma? una coccarda?) asimmetrici, non ho pensato ad altro per tutta la partita. Nonostante le strategie, gli urli, e l'esaltazione generale di chi mi circondava.
Cazzo, mancano ancora cosa? Venti giorni? Amiconi italiani uniti, esperti e patriottici, lo smorziamo un po’ l’entusiasmo almeno per i primi tempi? Come nella partita del primo girone d’andata contro il Congo Belga del 1920 con quel terribile fuorigioco del guardalinee?

A proposito d i italiano medio: ora vado a mangiare ( that's racist). Infatti sono dovuta rimanere fuori casa fino a un’oretta fa, perché c’era la processione e di sentire il prete stonato che cantava a loop quella gran hit di “Servo per amore” al megafono mi ero davvero stancata. Andiamo, per tirare su il morale dei fedeli ci sono altre canzoni valide, tipo “ Tu sei la mia vita altro io non ho ( Symbolum?)” o quel pezzone di “Io non sono degno”.

mercoledì 11 giugno 2014

l'outfit di merda #1

Premessa: l’uso della parola “outfit”.
Vorrei che la  gente la smettesse di chiamare i vestiti “outfit”. Mi irrita proprio come parola, come combinazione  fonetica. Anche se ovviamente  mi molestano di più le persone che la utilizzano. Specie se la piazzano random nei discorsi. Questo inverno, il destino ha voluto che io sentissi un’ultracinquantenne bombata di botox  vestita come quelle puzzone di Gossip Girls lamentarsi che :- il suo outfit era troppo metropolis.-  METROPOLIS.
Ho sputato la gomma dal tanto che ridevo ( in italiano si dice gomma, vero? Tipo le vigorsol? Perché qui le chiamiamo cicles o ciuinghe).
Quindi mi scuso in anticipo di dover dedicare un post  alla parola “outfit”.
Anzi, no. Con chi mi devo scusare? So che sono una contraddizione vivente, quindi se voglio usarla la uso, anche se mi schifa. Nessuna scusa. Si scusassero quelle che usano i vestiti e gli accessori con le frange.

Ma veniamo al dunque.
Alcune giornate azzardi combinazioni di vestiti che magari nel comfort di camera tua sembrano funzionare, ma che, una volta tornata a casa, ti fanno solo pentire di esserti svegliata. Stamattina era così buio? Che cocktail di cereali mi ha ridotto nello stato di pensare di potermi conciare così? Con che coraggio sono stata vestita come Elmer l’elefante tutto il giorno? Come ho potuto violentare chi mi era vicino con i miei vestiti per dieci ore filate?
Altri giorni invece sei proprio consapevole di esserti vestita  come una scappata di casa. Ma esci orgogliosa, tenendo alto l’onore dell’ accazzodicane. Perché anni di lotte ti hanno permesso di poter essere fiera di indossare le calze spaiate. E capire che le cose per cui vergognarsi sono altre.
Tipo credere che il profumo camuffi l’assenza di docce. O indossare vestiti e accessori con le frange.

E con questo, inauguro la nuova rubrica "l'outfit di merda", in cui si potranno notare gli abbinamenti imbarazzanti che non mi pento di sfoggiare.
Nella foto: magliaccia prestigiosa fruit of the loom di mio fratello, modificata perché sono una tosta e wannabe aggressive, indossata con i miei pantaloni passepartout che ho in triplice copia. Impeccabile il dettaglio delle converse con lacci oversize annodati alla carlona e la raffinatezza della calza zebrata stinta.



Agghiacciante.

sabato 7 giugno 2014

odi et amo quotidiani #6

Odi  i mascara "volumizzanti" che non sono altro che un ammasso di grumi.
Amo alla follia i tappeti elastici.
Odi le pubblicità pseudo giovanili di MTV. E la voce porno fuori campo.
Amo cancellare le strisciate della gomma delle scarpe dai pavimenti.
Odi i miei vicini di casa.
Amo la schweppes al limone.
Odi svuotare il filtro della moka. Tre volte al giorno.
Amo sentire i "rumori da cucina" delle case degli altri.
Odi gli uomini in smart. Odi di più le fighette in suv.
Amo vedere le vene in rilievo.
Odi  i cerotti che non si attaccano.
Amo la colla vinavil.
Odi le calze velate color carne. Odi profondo per i gambaletti color carne. Ps: li vediamo.
Amo le scatole delle scarpe.
Odi chi non sa gestire il proprio carrello al supermercato.
Amo cambiare le parole alle canzoni di chiesa.
Odi i pastelli a cera.


giovedì 5 giugno 2014

oggi ero Lady Cocca

Oggi stavo tagliando l'erba in cortile. Io detesto tagliare l'erba e le siepi già di mio, ma il surplus sta nella difficoltà del dover scegliere il macchinino adatto.
Infatti la mia mamma ci crede tantissimo e si è procurata l'attrezzatura dei giardinieri di Buckingham Palace, nonostante il cortile sia di due metri per due. Io ci credo parecchio meno, ma provo di adeguarmi ed evitare di "usare macchinini a sproposito", come dice lei. Sta di fatto che ogni mese sbaglio. Ma oggi ho proprio sminchiato tutto: ho inceppato il tosaerba rosso. Ed ecco perchè:


Cosa cazzo ci facesse un pallina da volano ( si chiamano palline? boccini? Harry?) nel mio cortile non ne ho assolutamente idea. Di volpi e gallinone non mi sembra di averne viste.


domenica 1 giugno 2014

La sottile arte del volersi male

Semplicemente alcune persone ( sono certa di non essere l’unica) non riescono a stare bene. Sono nate con il tormento dentro. Una sorta di depressione latente. Ma c'è, e la percepisci costantemente. 
Come un’ombra, a volte è solo un accenno e nemmeno la vedi, altre è molto scura; a volte ti sovrasta, ma altre la riesci anche calpestare. Ed è facile giudicare, dicendo che si è giovani, si ha la salute, si ha tutto e sono solo delle gran seghe di gente insoddisfatta. O che è solo un periodo,  tipo fase punk per i teenager. Ma la cosa è un tantino più profonda ( e comunque sì, sono insoddisfatta). E non voglio fare della psicologia spicciola da salotto, ma davvero certe persone dentro hanno un buco nero che inghiotte qualsiasi fievole scintilla di benessere. 
E non scrivo per cercare compassione: mi compatisco già da me e capisco da sola di essere patetica. Scrivo per avvertire chiunque dovesse per sbaglio passare da questo blog. Per  le persone “normali” che potrebbero incontrare gente come me ( ripeto, confido di non essere l’unica). Perché devono stare attente. Perché siamo rotti, siamo un insieme di cocci che tagliano e fanno male. E a volte sembriamo integri, ma, avvicinandosi,  si vedono le crepe e i pezzi incollati alla meglio, nei vani tentativi di riaggiustarsi. 
E mi spavento da sola, anzi mi disgusto, quando mi rendo conto di come ferisco chiunque provi ad avvicinarmi. E questo è quanto. Mi dispiace. 


E prima di ripensarci, pubblico il post.